La mia intervista su “Il Biellese” del 17 maggio

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“Il Biellese” di venerdì 17 maggio ha dato spazio ai cinque candidati sindaci con una breve intervista ciascuno. Questa qui di seguito è la mia. Buona lettura

Quali sono i problemi irrisolti di Biella?

La popolazione in calo, figlia anche della minore disponibilità di posti di lavoro, e l’isolamento causato dall’assenza di collegamenti veloci verso il resto d’Italia. Abbiamo mosso passi importanti, e sono orgoglioso di esserne stato anche stimolo e promotore, sul secondo fronte, con i progetti per ferrovia, autostrada e infrastrutture digitali. Sono certo che una Biella più vicina a Milano e Torino potrà tornare a crescere.

Come immagina Biella e la sua provincia tra 10 anni?

Come un territorio vivo, che abbia trovato gli ingredienti per rinforzarsi nel saper fare che lo ha sempre contraddistinto, come una città in cui si vorrebbe vivere riconoscendone la bellezza e la qualità, come una culla di innovazione e creatività, come un luogo in cui i miei figli immaginino il loro futuro. E magari con più orgoglio e meno tendenza al pessimismo e alla lamentela.

C’è qualcosa che ha fatto in questi cinque anni e che non rifarebbe?

Penso piuttosto qualcosa che non ho fatto e che invece mi riproporrei di fare: mi sono concentrato più sull’amministrazione e meno sulla politica, intesa come tessuto di rapporti a tutti i livelli. Sarebbe sicuramente la prima lezione che metterei a frutto in caso di nuovo mandato. E vorrei avere un ufficio anche a palazzo Pella, dove c’è il grosso della macchina comunale.

Quando venne eletto disse che la sua sarebbe stata la prima vera amministrazione di sinistra della città, eppure molti attacchi le sono venuti proprio da quell’area. Come se lo spiega?

Preferisco la dialettica, anche quella a volte un po’ autolesionista di sinistra, all’adesione acritica al pensiero del leader, che mi sembra di riscontrare in altri movimenti politici. Abbiamo fatto molte cose di sinistra, dai diritti civili al sostegno ai servizi sociali, alle politiche per la famiglia (mensa, asili nido). Ma amministrare è trovare compromessi. È più facile accorgersene da questa parte della scrivania. Lo è di meno quando si sta dall’altra parte.

Lei ha sempre interpretato Biella come una città che deve accogliere i migranti: fatta salva questa visione, esiste un limite oltre il quale non si può andare?

La legge fissa i limiti, sempre considerando un valore non negoziabile: la tutela dei diritti umani. Quando lo Stato, per bocca della Prefettura, ha chiesto alla città un aiuto, abbiamo aperto edifici pubblici per centri di accoglienza temporanei. Questo è rispetto della legge. Il rispetto della dignità degli esseri umani, italiani o stranieri, in difficoltà, passa dal tendere loro la mano anziché guardarli come minacce. Lo stiamo facendo con il nuovo dormitorio in fase di ultimazione.

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